RECENSIONE | FIGLI DI MEDEA: "Speranza, ultimo eroe prima della rassegnazione"

“Speranza, ultimo eroe prima della rassegnazione”. 

E’ con una delle chiavi di volta dell’intera pellicola che il regista Mauro Di Rosa introduce lo spettatore all’interno del Rione Medea. Presentato come zona di svago e relax, il quartiere è tutt’altro che un’oasi. La telecamera presta il suo sguardo allo spettatore in maniera discreta, quasi a non voler strappare il velo di apparenza che avvolge il tutto.
L’ingresso nel rione, e nella vita dei personaggi, avviene in maniera lenta e graduale. Prima brevi stralci di vita, per attirare l’attenzione e destare curiosità, poi una panoramica tra strade e quotidianità, tra grigi palazzoni e varietà etnica.

Dal generale al particolare. Dopo pochi minuti, l’obiettivo della telecamera mette a fuoco la vita di alcune persone. Tre protagonisti principali per tre storie destinate a non intrecciarsi mai, ma accumunate da una realtà in cui, per l’appunto, la spinta della speranza e del coraggio si contrappone a quella della rassegnazione. C’è Michele che crede nel suo mestiere di giornalista e convive con dei genitori sfiduciati dal futuro lavorativo che si prospetta per i figli. C’è Lello innamorato della bella studentessa universitaria, ma non all’altezza per dichiarare il suo amore. C’è un super papà che passa la notte a lavorare nei campi e il peso delle cassette di frutta non è l’unico che gli piega la schiena e l’anima. Le loro giornate si svolgono in una calma apparente, eppure lo spettatore percepisce benissimo che in loro è in atto una rivoluzione. Ecco perché nel momento della svolta non si resta sorpresi.
Medea, un riferimento non casuale al mito, è distruzione. Una distruzione che, però, può portare alla rigenerazione. Qualche volta, non sempre. E’ il caso di Michele, il cui coraggio lo conduce ad una battuta d’arresto, ma solo temporanea. E’ il caso del super papà che si libera di un peso troppo grande per portare in salvo la propria famiglia. Non è il caso di Lello, che nel momento in cui decide di essere Raffaele perde la vita. O forse si, punti di vista. Rompere le catene che recludono nella prigione della rassegnazione implica un rischio che vale la pena correre anche in cambio di un solo attimo in cui essere se stessi.

Figli di Medea è un cortometraggio che non lascia indifferenti. La realtà che viene proposta non è altro che una proiezione di quella dello spettatore. I rimandi a tematiche attuali e ferite aperte della nostra società, come prostituzione, criminalità, disoccupazione e rifiuti tossici, conducono ad un’immedesimazione, quasi totale, nei personaggi e nelle vicende raccontate. Un avvicinamento al quale si contribuisce anche attraverso l’utilizzo di un linguaggio familiare. Durante lo scorrere delle immagini il sentimento predominante è quello della compassione, nella sua accezione più antica di ‘soffro insieme a’. Una partecipazione alla sofferenza dell’altro non sterile, ma generatrice di innumerevoli sbocchi di riflessione.

Per avere qualche altra info su "I Figli di Medea" clicca qui:
http://www.vienianapoli.com/2015/12/i-figli-di-medea-il-cortometraggio-di.html


Fabiana Carcatella

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